Danni non patrimoniali spettano anche alla fidanzata non convivente
Danni non patrimoniali spettano anche alla fidanzata non convivente
Tribunale, Firenze, sez. II civile, sentenza 26/03/2015 n° 1011
La sentenza in commento affronta il tema della risarcibilità di danni non patrimoniali in favore dei “prossimi congiunti” di una persona deceduta in conseguenza dell’altrui illecito, riconoscendo la configurabilità di un danno, e del conseguente diritto al risarcimento, anche in capo alla fidanzata non convivente del de cuius.
Richiamando preliminarmente le note “Sentenze di San Martino” (Cass. Civ., Sez. Un., 11.11.2008), il Giudice evidenzia come il danno non patrimoniale costituisca una categoria risarcitoria ampia, comprendente ogni danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Nell’ambito di tale categoria di danni – risarcibili tanto nei casi espressamente previsti dalle leggi ex art. 2059 c.c., quanto in caso di lesione dei diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, fra cui il diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) – si possono individuare diverse voci di danno, quali il danno biologico, il c.d. danno morale e il danno c.d. esistenziale, che per la giurisprudenza di legittimità, salvo alcune pronunce in senso difforme (cfr. Cass. Civ., III Sez. , Sent. 3.10.2013, n. 22585), non costituiscono autonome categorie di danno ma descrivono diversi tipi di pregiudizi, e quindi vanno valutati e quantificati nell’ambito di un’unica categoria di danno, pena l’inammissibile duplicazione di risarcimenti.
Conseguentemente il danno c.d. morale, ossia l’intima sofferenza subìta dagli stretti congiunti della persona deceduta in conseguenza dell’altrui illecito, e il c.d. danno da perdita parentale, derivante dall’ intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, dalla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale che è la famiglia (art. 2, 29 e 30 Cost.) non possono essere attribuiti congiuntamente, ed invero l’unitaria quantificazione del danno andrà valutata in relazione, nel caso di specie, alla giovane età della persona deceduta, alla gravità del fatto illecito, all’intensità del vincolo parentale, alla relazione di convivenza e a tutti quegli elementi che, nella fattispecie concreta, rendano adeguato e non simbolico il risarcimento del danno.
Il danno c.d. biologico, inteso come lesione all’integrità psico-fisica eziologicamente riconducibile, nel caso di specie, all’evento morte, troverà invece una distinta valutazione e quantificazione sulla base delle risultanze delle consulenze tecniche espletate.
E pertanto il Giudice, nell’esaminata sentenza, riconosce ai parenti del de cuius importi diversi in relazione al danno c.d. parentale e al danno c.d. biologico (oltre che per danno emergente per spese documentate), riconoscendo un danno non patrimoniale anche in favore della fidanzata non convivente del de cuius, facendo propria una recente pronuncia della Cassazione penale, (Cass. Pen., IV Sez., Sent. 10.11.2014, n. 46531), ove i Giudici di legittimità hanno stabilito che il riferimento ai “prossimi congiunti” della vittima primaria, quali soggetti danneggiati iure proprio, deve essere inteso nel senso che, in presenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra questi ultimi e la vittima, è proprio la lesione che colpisce tale peculiare situazione affettiva a connotare l’ingiustizia del danno e a rendere risarcibili le conseguente pregiudizievoli che ne siano derivate (se e in quanto queste siano allegate e dimostrate quale danno-conseguenza), a prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela, affinitià o congiudio giuridicamente rilevanti come tali. E per “convivenza” non deve intendersi la sola situazione di coabitazione tra prossimo congiunto e vittima primaria di un illecito, quanto piuttosto lo stabile legame tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti. Nel caso di specie la fidanzata della vittima aveva dato ampio riscontro probatorio di un rapporto sentimentale risalente nel tempo e che, in mancanza del tragico evento, avrebbe trovato nel matrimonio la piena realizzazione; difatti i due fidanzati avevano acquistato una casa sin dal 2/5/2001 in ragione del 50% cadauno, vi avevano trasferito la residenza sin dal 26/5/2001, e avevano formalizzato le reciproche promesse con la richiesta di pubblicazione del matrimonio, che si sarebbe celebrato il 8/02/2003 se non si fosse invece verificato il tragico evento del 26/01/2003. Conseguentemente il Giudice riconosce alla fidanzata del de cuius il danno da c.d. perdita parentale, applicando il parametro relativo al coniuge non convivente di cui alle tabelle del Tribunale di Roma, riconoscendo altresì il danno biologico come da risultanze peritali e il danno emergente per spese documentate.
Va infine evidenziato che, nelle motivazioni di cui all’esaminata sentenza, il Giudice, richiamando consolidata giurisprudenza (ex multis, Cassaz. Civ. III Sez., n. 458/2009; Cass. Civ,, III Sez., n. 28423/2009) esclude, per tutti i congiunti, la risarcibilità del danno non patrimoniale iure hereditario, stante l’immediatezza del decesso conseguente all’illecito e quindi la non configurabilità in capo al de cuius né di un danno biologico trasferibile agli eredi (costituendo la morte non la massima lesione possibile della salute ma la perdita del bene giuridico della vita) né un danno morale, non essendovi stato il tempo, per la vittima, di maturare la percezione del proprio stato.
Carmelo Polizzi
Fonte: Avv. C. Vantaggiato
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