Nuove disposizioni sul bilancio di esercizio: violata la regola del Gold Plating
BILANCIO DI ESERCIZIO
Nuove disposizioni sul bilancio di esercizio: violata la regola del Gold Plating
La direttiva comunitaria 2013/34/UE richiede una distinzione delle imprese su base dimensionale, cioè tra piccole, medie e grandi imprese.
Questa direttiva richiede specificatamente che gli Stati membri dell’Unione europea devono distintamente indicare nel proprio ordinamento, in base a criteri quantitativi, (stato patrimoniale,ricavi netti ed numero di dipendenti), almeno le imprese di piccole e medie dimensioni. Inoltre è prevista la possibilità di non differenziare le medie e le grandi imprese, qualora gli adempimenti contabili imposti a tali entità dal legislatore nazionale siano uniformi.
La puntuale distinzione delle imprese garantisce il raggiungimento di uno degli obiettivi fissati nella direttiva comunitaria ed indicato al considerando numero 4 (ovvero ridurre gli oneri contabili ed informativi delle imprese di ridotte dimensioni), senza pregiudicare il diritto all’informativa degli stakeholders.
A tal riguardo, il legislatore comunitario ha previsto nella Direttiva il rispetto di adempimenti contabili crescenti all’aumentare delle dimensioni aziendali, garantendo un numero elevato di esenzioni alle imprese di ridotte dimensioni in ragione della ristretta cerchia di soggetti interessati al loro bilancio.
Al fine di raggiungere questo obiettivo, la stessa direttiva comunitaria dedica l’intero articolo 3 alla definizione delle categorie di imprese, distinguendo fra micro, piccole, medie e grandi imprese.
Questa impostazione non è stata recepita dal legislatore nazionale nel Decreto Legislativo approvato dal Governo in data 6 agosto 2015 (Atto n. 171) in attesa di essere pubblicato in GU.
Dall’analisi delle modifiche apportate al Capo V del Codice Civile, emerge infatti chiaramente ed esclusivamente la definizione di micro-imprese nel nuovo articolo 2435-ter, la cui consultazione risulta fondamentale per i redattori del bilancio.
La scelta politica di non introdurre una pluralità di categorie di imprese ai fini della semplificazione, potrebbe essere azzeccata, ma non sembra opportuno l’errato recepimento dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva comunitaria, poiché le modifiche proposte dal legislatore nazionale hanno ridotto sensibilmente le soglie dei criteri quantitativi utilizzati ai fini dell’individuazione delle micro-imprese.
Il comportamento del legislatore nazionale contrasta con i commi 24-bis, 24-ter e 24-quater dell’articolo 14 della Legge 28 Novembre 2005, n. 246, introdotti dalla Legge di Stabilità per il 2012. Secondo il comma 24-bis della disciplina appena descritta, gli atti di recepimento di direttive comunitarie non possono prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, salvo quanto previsto al comma 24-quater. Costituisce una delle cause di superamento dei livelli minimi comunitari, ai sensi del comma 24-ter, l’estensione dell’ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari.
Secondo la disciplina appena menzionata, l’unica possibilità riconosciuta al nostro legislatore di modificare l’ambito soggettivo di una norma comunitaria è quello di indicare, in un’apposita relazione (Relazione AIR), le circostanze eccezionali che renderebbero indispensabile il superamento del livello minimo stabilito dalla direttiva comunitaria. Tale adempimento non risulta essere stato attuato dal nostro legislatore.
Tra l’altro, la direttiva comunitaria all’articolo 3, paragrafo 13, impone che solo la Commissione europea possa riesaminare, tramite la procedura individuata all’articolo 49 dello stesso disposto normativo, le soglie identificative delle categorie di imprese, al fine di considerare le variazioni riscontrate nel tasso d’inflazione rilevato all’interno dell’Unione europea.
Carmelo Polizzi
Fonte: ilSole24ore
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